Se le intuizioni vengono dal quotidiano
Armando Mottola è coordinatore infermieristico e stomaterapista del Policlinico Agostino Gemelli di Roma.
Segue annualmente un migliaio tra nuovi stomizzati ed assistenze periodiche successive: con questi numeri, in vent’anni di stomaterapia ha avuto modo di elaborare un più che attendibile quadro generale delle problematiche ed anche alcune soluzioni fattive di valore applicativo universale.
Quadro generale, applicabile all’intero sistema sanitario nazionale.
Fonti internazionali riportano che il 75% dei dimessi post confezionamento di stomia, a sei mesi tornano nel sistema sanitario per risolvere problematiche dovute ad una non ottimale formazione per la gestione giornaliera dei sistemi di raccolta. È un dato credibile?
Con buona approssimazione sì anche se ogni caso è, banalmente, un caso unico. Il problema è noto e di non facile soluzione, in quanto parte di un percorso informativo e formativo con molti attori e ancor più sfaccettature. Da parte nostra applichiamo non poche energie al supporto dei nuovi stomizzati dimessi e all’accoglienza di altri da altre esperienze, perché il vero punto di crisi è in quella manciata di mesi, è lì che lo stomizzato o chi lo assiste scopre e deve scoprire modi diversi di concepire il proprio corpo e quindi avere una relazione più distaccata ma efficiente con le proprie deiezioni. E non è facile.
Se avesse la bacchetta magica, cosa vorrebbe trovare domani mattina nel sistema sanitario nazionale in relazione a stomia e incontinenza?
Principalmente una formazione più puntuale di buona parte degli infermieri di tutti i reparti sulle specificità delle nostre problematiche. Noi stomaterapisti, spesso, arriviamo a ciclo sanitario avviato ed impostato, con la conseguenza di dover trovare soluzioni meno lineari o addirittura di emergenza.
Questo nodo non è solamente a carico degli infermieri “generici” ma coinvolge anche gli operatori dei reparti di chirurgia che dovrebbero avere un confronto più diretto con gli stomaterapisti, che sono, non va dimenticato, il raccordo empatico e bidirezionale tra chirurgo e stomizzato.
Inoltre, come già accennato, occorrerebbe un vero angelo custode di comunicazione dalla dimissione ospedaliera ai primi giorni di messa a fuoco casalinga della nuova condizione: c’è da fare molto qui, perché è da qui che sorgono le sofferenze e un inutile carico sul sistema sanitario.
Poi, con la bacchetta magica spronerei la ricerca e le industrie del settore ad una maggiore innovazione: i prodotti attuali sono di grande qualità ed offrono un servizio ottimale. Ma si può fare di più.
Lo stomaterapista come mr. Wolf di Pulp Fiction!?
Nella sanità lo siamo un po’ tutti e noi, giunto di raccordo, un po’ di più. A volte dobbiamo trovare soluzioni estemporanee o trasversali per risolvere anche rigidità di sistemi e prodotti.
Prima mi parlava di un’industria di settore tendenzialmente statica. Ho avuto modo di vedere e provare una sua intuizione, la siringa erogatrice di pasta sigillante. Come è nata e come funziona?
Il punto critico tra cute, stoma ed elementi plastici di raccolta è la tenuta del sistema alle infiltrazioni, che poi è l’incidente che crea guai seri.
La funzione della pasta livellante è sigillare al meglio, come ulteriore guarnizione, la placca alla pelle. Per far ciò i sistemi sono due, l’applicazione della pasta direttamente sulla pelle intorno allo stoma o sulla circonferenza del foro praticato nella placca adesiva. La seconda procedura è indubbiamente più efficiente e soprattutto pratica ma sul concetto di pratico, le paste in circolazione hanno un limite non indifferente: il foro di estrusione del tubo. Le paste, con modulazioni diverse sono poco plastiche e quindi necessitano di una forte pressione manuale sul tubo: non sono fluide come un dentifricio e l’applicazione richiede molta forza anche a fronte di un eccessivo diametro di uscita che comporta un inutile e rischioso consumo di superficie adesiva sulla placca: meno superficie adesiva disponibile, maggior rischio di distacco e non è una buona cosa. Inoltre tutte queste azioni operative vanno bene e si possono eseguire con una certa attenzione se si è giovani e fisicamente abili ma gli altri?
Da qui l’idea di riempire con la pasta una siringa usa e getta da 5ml, bloccando con cura l’ago al suo cappuccio protettivo.
L’applicazione della pasta, di tutte le paste delle diverse aziende, è così non solo facilitata ma anche molto più precisa. Ci voleva Armando Mottola?
L’utilizzo della “sua” siringa è molto pratico, preciso e sicuro. Ovviamente si potrebbe, industrializzando l’esigenza, arrivare ad un’applicazione ancor più efficiente in particolare per le persone con difficoltà di movimento o coordinamento. Qualcuno in questi vent’anni le ha posto domande finalizzate a migliorare procedure e prodotti o ha proposto di coinvolgerla per spunti innovativi?
Direi di no e questo racconta un po’ il ruolo dello stomaterapista, uno specialista che -si può dire?- mette le pezze. È un peccato non ascoltare chi tutti i giorni scopre vivendole anche fragilità tecniche. Mi piace ricordare l’infermiera europea che ha rivoluzionato negli anni ’50 i sistemi di raccolta: qualcuno, allora l’ha ascoltata.